È ufficiale: anche Snam punta sul Biometano.

All’apparenza, potrebbe sembrare che ormai basti piazzare il suffisso bio davanti a qualsiasi parola per creare un business. Nel caso del biometano, però, i soldi ci sono veramente: almeno 4,7 miliardi di incentivi da parte di Bruxelles per il 2018, per favorire la crescita di un settore, in cui si incrociano più interessi industriali. Quello della filiera agricola, innanzitutto, con migliaia di imprese che sono riuscite a sopravvivere al calo dei prezzi delle derrate realizzando impianti per la conversione degli scarti in biogas, per poi allacciarsi alla rete nazionale.
Ma anche quello di utility come Snam: nella revisione del piano industriale al 2021 appena presentato a Londra, la società controllata da Cassa Depositi Prestiti ha molto insistito su questo punto. In particolare, il biometano può diventare una risorsa per il nostro paese per due motivi: può supplire al calo della produzione di gas naturale dai giacimenti presenti sul nostro paese (a causa delle riserve che vengono meno, ma soprattutto per il calo degli investimenti nella ricerca di idrocarburi), dall’altra parte può contribuire allo sviluppo del mercato della distribuzione di gas per autotrazione.
Secondo i dati forniti da Snam a Londra “l’attuale produzione nazionale di biometano è già equivalente a quanto necessario per ricavare circa 3 miliardi di metri cubi all’anno”. Non è poco, se si considera che negli anni pre-crisi, il fabbisogno nazionale di gas è arrivato fino agli 80 miliardi di metri cubi all’anno e ora si aggira attorno ai 65 miliardi. La produzione viene vista in crescita, tenendo conto che a tutt’oggi Snam – che gestisce la rete nazionale di distribuzione – ha già ricevuto 500 domande di allacciamenti da parte di imprese agricole che immettono nei gasdotti la loro produzione di biometano. Tra l’altro, il governo ha provveduto a tutelare la filiera, approvando regole che comportano incontri bilaterali con gli altri paesi. In pratica, le importazioni da altri paesi saranno consentite solo in condizioni di reciprocità: per ogni quantitativo importato, un uguale quantitativo dovrà attraversare il confine in uscita.
Un business – come si vede – che non è peculiare del nostro paese, ma su cui sta investendo tutta la filiera agricola dell’Unione Europea. Secondo un recente studio di Ecofys, società di consulenza del settore energia, nel continente c’è un potenziale di 122 miliardi di metri cubi all’anno di biometano (ma anche di idrogeno rinnovabile) che potrebbe contribuire non solo alla decarbonizzazione dell’Europa, ma anche a far risparmiare fino a 140 miliardi di euro da qui al 2025.
Si fa presto a capire il perché: con la chiusura dei primi impianti nucleari e l’uscita di scena delle centrali a carbone, la Ue avrà bisogno nei prossimi anni di maggiori quantità di gas per la produzione di energia, visto che i grandi giacimenti nel Mare del Nord sono in via di esaurimento. In realtà, ne ha già bisogno, visto che dal 2014 il fabbisogno dell’Europa è cresciuto del 30 per cento.
Se questo è il quadro generale del biometano, Snam non vuole solo essere un veicolo per la sua diffusione attraverso la rete, ma ha deciso di entrare direttamente nel business: anche il gruppo guidato da Marco Alverà (nella foto) diventerà produttore di biometano, sia acquistando società che già se ne occupano, sia costruendo impianti “greenfield”.  Confermando che la società non vuole solo essere un gestore di gasdotti ma anche un soggetto che riesce a determinare le politiche energetiche, in Italia come un Europa.

Condividi questo articolo