Per l’emergenza rifiuti Roma e l’Italia stanno scoppiando e una valida soluzione la fornirebbe la produzione di biometano, basta volerlo.

Roma – Una montagna di rifiuti che sorge in un vicolo del centro storico di Roma non è poi così diversa dal cumulo di spazzatura in un quartiere di periferia. È la livella romana, che non guarda in faccia a censo o privilegi, e maleodorante torna in questi giorni a inondare le strade della Capitale. Arresa da tempo ai rifiuti e all’incuria, Roma è ormai sul punto di esplodere nell’ennesima crisi di Natale. I romani, che normalmente sfornano complessivamente 4500 tonnellate di rifiuti al giorno, sotto le feste hanno aumentato la loro produzione superando la soglia delle 5000 tonnellate. Numeri che già nel resto dell’anno si attestano ben al di sopra della media italiana: se un romano riversa nei cassonetti 590 chili di rifiuti all’anno, nel resto del Paese ci si ferma a 480 chili a persona. Ma dietro ai pregiudizi sul romano zozzone e alle criticità delle festività natalizie, c’è un sistema marcio che da anni vive in una costante emergenza. Solo così, in pochi giorni, la spazzatura può riempire gli impianti, colmare i cassonetti e, alla fine, invadere le strade. A preoccupare, in queste ore, è soprattutto il silenzio calato sulle porte d’uscita degli impianti di trattamento dei rifiuti. I camion che portano la spazzatura lontano dalla Capitale sono da ieri notte costretti a rimanere parcheggiati, perché i luoghi di destinazione sono chiusi per le festività. Solo lunedì, quindi, potranno ripartire e restituire ossigeno ad un sistema vicino al soffocamento. “A Roma servirebbero altri impianti, per chiudere il ciclo in città senza rivolgersi all’esterno – sostene da sempre Stefano Bina, l’ex direttore generale dell’Ama, la malandata azienda dei rifiuti romana – ma c’è sempre qualche comitato di quartiere che si oppone e la politica che lo asseconda”. I pochi impianti attivi, in effetti, sono di nuovo al collasso. I rifiuti arrivano a toccare il soffitto degli immensi capannoni in cui vengono stoccati e “l’aria diventa irrespirabile”, si sfoga Maurizio, un lavoratore dell’Ama che con i suoi colleghi ha dato vita a “Lila”, un laboratorio per tentare di trovare soluzioni ai problemi dell’azienda. “Soprattutto, è pericoloso”, dice mostrando le foto scattate negli ultimi giorni all’impianto in cui lavora. “L’escavatore ormai si arrampica su una montagna di rifiuti e arriva così in alto da urtare con il braccio della ruspa i tubi di aerazione. L’altro giorno ne sono crollati due pezzi, lunghi quattro metri l’uno”. Senza un posto dove andare, i rifiuti restano in strada per giorni. E così, sempre più spesso, i cassonetti vengono dati alle fiamme. Questioni legate alla malavita, come a Ostia, o alla semplice esasperazione, come nelle periferie. Neanche il fuoco, però, riesce a risolvere il problema. “Quando bruciano, i rifiuti rilasciano sostanze tossiche e passano giorni prima che vengano rimossi – racconta un operatore Ama che chiede l’anonimato -. In teoria dovrebbero essere presi da una squadra ad hoc che li sottoponga a un trattamento di smaltimento speciale, ma costerebbe una enormità. Invece si fa finta di niente e alla fine siamo noi a dover buttare tutto in discarica”. Le soluzioni del Campidoglio, finora, sembrano tese a tamponare l’emorragia e prendere tempo. Si è acceso in questi giorni un impianto a Ostia che gli stessi Cinque Stelle di Virginia Raggi giuravano che avrebbero tenuto spento. Il piano di più lungo respiro dei Cinque Stelle punta tutto sulla differenziata. Il progetto, però, non sembra decollare. Dal 2016 a oggi la raccolta differenziata è cresciuta al rallentatore, passando dal 41 al 44 % del totale. Per avere un termine di paragone: tra il 2013 e il 2014 il balzo in avanti era stato del 12%. Nei prossimi mesi il Comune intende comunque procedere a una riorganizzazione del sistema di raccolta, partendo dalla sperimentazione in due municipi. Per avviarlo saranno necessari 100 nuovi camion, ma il primo bando di gara è andato deserto. Il parco mezzi è un’altra spina nel fianco dell’azienda. Le vetture in dotazione hanno in gran parte più di dodici anni e, anche per questo, il 50 per cento dei mezzi è fermo in officina. Un dato preoccupante se si pensa che i mezzi fermi per guasto nello stesso periodo del 2016 erano «solo» il 25 per cento. Per questo, Ama ha puntato su investimenti ambiziosi, che per ora sono solo sulla carta: 120 milioni di euro da spalmare nei prossimi anni per l’acquisto di 1400 nuovi mezzi.
Il problema potrebbe essere attenuato installando una centrale di produzione di biometano. Si otterrebbe il duplice risultato di smaltire i rifiuti e generare metano per la combustione. Inoltre, favorendo l’acquisto di auto alimentate a metano, il Comune di Roma potrebbe iniziare un percorso virtuoso per il controllo e la diminuzione dell’inquinamento urbano.
Certo, l’ecomafia deve essere battuta in quanto è il peggior nemico dello smaltimento intelligente dei rifiuti. E qui la politica lascia il campo al settore della sicurezza e dell’ordine pubblico, ovvero delle forze dell’ordine e della magistratura.

Condividi questo articolo